mercoledì 23 gennaio 2008

La Zakat – la tassa sociale purificatrice: ce ne parla T. Ramadan

Nel nome di Allàh il Misericorde il Clentissimo

Mentre leggevo il libro Islàm in Occidente (di Tariq Ramadan), che generosamente mi ha regalato il mio direttore (che Allàh l'Altissimo lo ricompensi per questo), mi sono imbattuto nella definizione data da questo autore al concetto di zakat (che giustamente definisce come la tassa sociale purificatrice). Una spiegazione a mio avviso molto semplice ma nel contempo molto chiara! Per cui mi è sembrato opportuno riportarvi qui una paginetta da questo libro; nella speranza che, con il permesso del Sommo Sapiente, l’importanza e la complessità di questo concetto possano esservi chiarificati.


È il terzo pilastro dell’Islàm e la sua stessa essenza rileva l’importanza della partecipazione sociale nell’universo musulmano. La zakat è chiaramente una tassa sui beni e sulle proprietà; una tassa che in primo luogo è un obbligo nei confronti di Dio. Il prelievo "purifica" sul piano religioso, sacro e morale il bene di colui che lo possiede. Così il legame con Dio, con la Trascendenza, con il ricordo del senso e della finalità della vita è iscritto e realizzato non solo nell’essere ma nell’avere e nel rapporto che ciascun essere umano stabilisce con lui. Dopo le due testimonianze dell’unicità di Dio (tawhid) e della profezia, dopo l’imposizione della preghiera che stabilisce il legame tra il fedele e il Creatore, la tassa sociale purificatrice (zakat) proietta il credente nella sfera comunitaria che si irradia dunque dalla Trascendenza e dal sacro. Nello stesso tempo, ciò che sta alla base della zakat è una concezione piena, ed etica, dell’organizzazione sociale e delle relazioni umane: colui che possiede ha dei doveri, colui che è povero ha dei diritti di fronte a Dio e tra gli uomini. L’Islàm non
concepisce la povertà come un fatto normale dell’universo sociale
e non prevede nemmeno che il rimedio a una simile distorsione sia la libera generosità degli uni nei confronti degli altri nella speranza che, miracolosamente, l’opulenza dei ricchi e la mendicità dei poveri riescano a trovare un punto di equilibrio. L’obbligo della zakat pone la questione nell’ambito del diritto e della morale e non può essere lasciata alla discrezione di ciascuno. La solidarietà sociale fa parte della fede, ne è la testimonianza più concreta: essere con Dio significa essere con gli uomini; questo è l’insegnamento fondamentale del terzo pilastro dell’Islàm.
Abu Bakr (**), il primo successore del Profeta (*), decise, contro il parere di ‘Umar (**), di combattere le tribù meridionali che non volevano più versare la zakat: bisognava essere intransigenti su una questione che, di fronte a Dio, rientra nel diritto dei poveri e quindi tutta la solidarietà costituita ne è responsabile. Non può essere una semplice questione di bontà, è chiaramente una questione di giustizia e la nozione deve essere difesa in tutte le transazioni umane. È un qualcosa che i ricchi, coloro che possiedono, non devono mai dimenticare, poiché nei loro beni, come sancisce il Sublime Corano, c’è “un diritto per il mendicante e il diseredato”.
[Tariq Ramadan, Islam in Occidente; PP.232,233]


(*) Che Allàh lo Benedica e lo abbia in Gloria
(**) Che Allàh si compiaccia di lui

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